Il Museo Casa mia: Maggio

In occasione della terza domenica dell’iniziativa “Il Museo Casa mia”, presso il Civico Museo d’Arte Orientale vengono proposti al pubblico due dipinti della seconda metà dell’Ottocento raffiguranti scene di interni: La famiglia Fabricci di Eugenio Scomparini e La bambina ritrovata di Antonio Rotta.
Come nei mesi scorsi, anche in questo caso le opere sono state scelte nelle collezioni dei Civici Musei di Storia ed Arte per dialogare con gli oggetti del Museo: in entrambe, infatti, compare un grande vaso cinese in porcellana, elemento di arredo che segnala la diffusa passione che i collezionisti manifestavano in quegli anni per le cineserie.
A Trieste questa moda sembra diffondersi tra gli anni ’50 e i primi anni ’60 dell’800, sulla scia delle scelte d’arredo di Ferdinando Massimiliano d’Asburgo, affascinato dagli oggetti medio ed estremo-orientali e frequentatore assiduo del Gabinetto Cinese Wünsch.

Eugenio Scomparini
Trieste 1845 – 1913

La famiglia Fabricci, 1880 ca.

La famiglia Fabricci
La famiglia Fabricci

olio su tela, cm 68,5×107
dono Fulvia Fabricci, 8 novembre 1959
Trieste, Civici Musei di Storia ed Arte, inv. 13/5279

Il dipinto, donato ai Civici Musei di Storia nel 1959 da Fulvia Fabricci, raffigura la donatrice da bambina nel salotto di casa con i genitori: il padre Pietro, affermato commerciante, e la madre Chiarina Faccio, in gioventù acclamata cantante lirica.
Straordinario spaccato di interno altoborghese nella Trieste di fine ’800, l’ambiente contiene arredi descritti minuziosamente, tra cui spicca, in un angolo, poggiato su un tavolino, un grande vaso cinese in porcellana, segnale della diffusa passione che i collezionisti manifestavano in quegli anni per le cineserie.
Eugenio Scomparini, formatosi all’Accademia di Venezia e successivamente a Roma, aderì allo stile del pittore Mariano Fortuny, importandone a Trieste il virtuosismo coloristico e incontrando un vasto successo di critica e di pubblico. Riuscì bene come ritrattista, nei gruppi di figure, nelle allegorie e nei paesaggi, tutti eseguiti con una maniera che si caratterizza per il colorismo efficace, l’abile uso dei chiaroscuri, la sicurezza della pennellata e il dominio complessivo della composizione.

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Antonio Rotta
Gorizia 1828 – Venezia 1903

La bambina ritrovata, 1870 ca.

La bambina ritrovata
La bambina ritrovata

olio su tela, cm 89×70
legato Anna Segrè Sartorio, 1946
Trieste, Civici Musei di Storia ed Arte, inv. 20075

La scena raffigura la sala di un palazzo veneziano, come si può dedurre dalla veduta di Palazzo Ducale e del Campanile di San Marco al di là della finestra aperta.
Non è agevole interpretare il soggetto del dipinto: forse la gentildonna, che volge al cielo uno sguardo stupito e grato al contempo, riconosce nella bimba dagli abiti dimessi una bambina a lei cara, la cui fisionomia è accennata nella cornice posta sulla console alla destra del dipinto.
Sulla stessa console si trova un grande vaso cinese in porcellana del tipo famille rose, a connotare la ricchezza e la raffinatezza degli arredi.
Il pittore goriziano Antonio Rotta, dopo aver ricevuto i primi rudimenti nel disegno al Banco Modello di Trieste, frequentò a partire dal 1841 l’Accademia di Venezia. Artista particolarmente dotato nella pittura di genere di soggetto popolare e nelle scene storiche, si espresse con tecnica raffinata e fu il cantore intenso dell’anima popolare, della gente umile, dei luoghi e delle atmosfere domestiche che sapeva cogliere nella loro intima essenza.

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